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Passera: «Un piano da 50 miliardi per l'Italia»

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Giovedí 13 Novembre 2008

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La recessione mondiale in Italia morderà di più o di meno? «L'Italia può godere di alcuni vantaggi importanti rispetto a molti altri Paesi. Famiglie e imprese meno indebitate, risparmio più alto, banche più solide. Bolla immobiliare molto meno forte che altrove. Abbiamo un'economia più diversificata e flessibile e grandi potenziali di crescita in molti comparti. Pensi solo alle filiere dell'agro-alimentare, del turismo, della salute, del sistema casa, del sistema moda, delle macchine utensili, e altre ancora. Non dobbiamo perdere questi vantaggi anche a costo di rinviare il pareggio di bilancio oltre il 2011, concordando eventualmente con la Ue limiti superiori al 3 per cento - come previsto dal Trattato di Maastricht - per la durata della crisi. Se non fermeremo la recessione, i deficit pubblici esploderanno comunque.

L'Europa oltre che di obiettivi importanti, come il contenimento dell'inflazione e dei deficit pubblici, deve essere anche promotrice di politiche di sviluppo. Non dimentichiamoci che, tra le cause della depressione degli anni 30, vi furono proprio politiche fiscali restrittive del tutto incoerenti con la situazione economica. Non possiamo mettere le società sotto stress per l'incapacità di adattare gli obiettivi a una situazione drammaticamente cambiata. Così la sfiducia diventa dilagante, si trasforma la recessione in depressione, con una deflazione bruciante, con la perdita di molte certezze e il riaffacciarsi di fantasmi pericolosi per la democrazia. Mi domando: non è questa l'ora di grandi cambiamenti e scelte anche coraggiose? Vogliamo dimostrare ai giovani che stiamo costruendo un futuro per il quale valga la pena di impegnarsi? Non ci dice niente l'elezione alla Casa Bianca di un giovane afroamericano cresciuto con i food stamps, i sussidi alimentari? Obama lo valuteremo sui risultati, ma ha già dimostrato che nelle democrazie che funzionano non c'è limite al possibile, la mobilità sociale e la meritocrazia sono cose concrete, non argomenti da convegno come da noi».

Siamo costretti a fermare il volo americano di Corrado Passera per riportarlo alle tante miserie e le poche nobiltà dell'economia e della finanza. «La crisi di liquidità a livello mondiale e la politica dei tassi seguita dalle autorità monetarie hanno certamente messo sotto pressione molte aziende. Da parte nostra stiamo facendo di tutto per evitare il credit crunch. Ma non possiamo dimenticare che la qualità del credito è un problema reale, come dimostrano i miliardi di perdite su crediti che il sistema già oggi sopporta e che sono destinati ad aumentare. Alle potenzialità del nostro Paese noi crediamo molto e abbiamo raggiunto affidamenti totali per oltre 550 miliardi di euro (circa un terzo del Pil italiano, ndr). Gli utilizzi da parte della clientela sono sempre cresciuti a due cifre negli ultimi anni. Anche negli ultimi dodici mesi abbiamo aumentato di circa 30 miliardi il credito all'economia italiana e contiamo di metterne a disposizione altrettanti anche nel 2009. Per evitare il credit crunch ognuno può e deve fare la sua parte.

Abi e Confindustria stanno collaborando attivamente e abbiamo creato dei tavoli molto concreti di monitoraggio del credito a livello regionale, di supporto ai confidi e ai fondi di garanzia. Lo Stato, da parte sua, può fare molto per ridurre l'enorme scaduto nei pagamenti della Pubblica amministrazione che appesantisce i conti delle imprese. La proposta di Emma Marcegaglia di defiscalizzare gli utili reinvestiti mi sembra da appoggiare pienamente. Anche le banche possono fare di più per favorire la ricapitalizzazione delle imprese. In più di cento casi aziendali, negli ultimi anni, Intesa Sanpaolo ha apportato anche capitale di rischio oltre che assicurare il credito. Detto tutto questo, è innegabile che nella situazione economica e finanziaria mondiale ci siano molte aziende che hanno maggiore difficoltà a trovare credito».

Chiedo a Passera quale sia, in sintesi, la sua spiegazione personale alla crisi finanziaria che ha travolto banche e mercati. «Le do una risposta assai semplice, anche se il tema è complesso. Se tutti avessero seguito tre regole di base - che da noi sono rispettate - avremmo evitato l'enorme guaio che dagli Usa si è poi trasferito in tutto il mondo». Quali regole non sono state rispettate? «Sono scritte nel manuale del buon banchiere. La prima: non aver messo un limite all'indebitamento, al "leverage", delle banche d'investimento. Le banche commerciali non possono crescere oltre 10-12 volte il loro patrimonio. Perché le banche di investimento potevano andare a 30-40 volte? La seconda: non aver rispettato l'equilibrio tra attività e passività, tra la "durata" della raccolta e quella degli impieghi. Se si fanno mutui a 30 anni e ci si finanzia a tre mesi (vedi Northern Rock), prima o poi salta tutto. Ma anche questo veniva considerato innovazione finanziaria. La terza: aver tollerato passività fuori bilancio in veicoli societari più o meno speciali».
  CONTINUA ...»

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